Il Messaggero 29 marzo 2020 - Imprese in difficoltà, fermare le azioni esecutive - La crisi sanitaria: due decreti legislativi della Presidenza del Consiglio hanno già introdotto una serie di misure per sostenere il sistema economico del Paese

Il Messaggero 29 marzo 2020 - Imprese in difficoltà, fermare le azioni esecutive - La crisi sanitaria: due decreti legislativi della Presidenza del Consiglio hanno già introdotto una serie di misure per sostenere il sistema economico del Paese

  • Icona data inserimento news 1 luglio 2020

Il magistrato Panzani: serve approvare una moratoria di carattere generale che vada oltre il 15 aprile prossimo. Bisogna evitare anche che i creditori possano chiedere la risoluzione dei contratti


Un recente studio del CERIL - Conference On European Restructuring And Insolvency Law, che fa capo a due noti studiosi come Bob Wessels, professore emerito dell’Università di Leida, e Stephen Madaus, professore dell’Università della Martin Luther University, rileva che gli strumenti tradizionali della disciplina dell’insolvenza, la liquidazione delle imprese decotte e la ristrutturazione di quelle in crisi che abbiano prospettive di essere riorganizzate e restituite al mercato, strumenti di cui si sono ormai dotati tutti i Paesi a livello mondiale, non sembrano idonei a far fronte alla crisi finanziaria ed economica scatenata dall’epidemia. Si osserva in sintesi – spiega il magistrato Luciano Panzani – che i Paesi dell’Unione europea dovranno considerare due esigenze fondamentali della stragrande maggioranza delle imprese: il venir meno dei flussi di cassa generati dall’attività d’impresa e l’impossibilità di formulare previsioni accettabili sui futuri flussi. Queste previsioni riguardano imprese già solide, messe in difficoltà da un evento assolutamente imprevedibile e di carattere generale, che riguarda le economie di tutti i Paesi contemporaneamente. In queste condizioni la prima raccomandazione è di sospendere gli obblighi che molte legislazioni prevedono per gli imprenditori che si trovino in crisi, di presentare istanza di fallimento in proprio se sono insolventi, senza attendere le iniziative dei creditori, e di avviare alternativamente piani di ristrutturazione connessi a procedure di quest’ultimo tipo quando vi siano possibilità di recupero dell’equilibrio economico- finanziario. Si osserva infatti che l’avvio tempestivo delle procedure di liquidazione e/o ristrutturazione è previsto nell’interesse dei creditori e degli altri stakeholders (dipendenti, azionisti, clienti e fornitori, ecc. ). Nella situazione di crisi generale dovuta al coronavirus tuttavia è impossibile individuare le imprese che non offrono possibilità di proseguire l’attività o che possono proseguire soltanto se avviano un piano di ristrutturazione. E la liquidazione porterebbe soltanto ad una svendita delle attività

La sospensione degli obblighi

Di qui la necessità di sospendere questi obblighi perché utili soltanto in condizioni ordinarie di mercato, quando crisi ed insolvenza riguardano un numero limitato di imprese e non la grande maggioranza di esse. In questo senso del resto si sono già mosse la Spagna e la Svizzera. Il ragionamento vale anche per il nuovo istituto dell’allerta, introdotto nella legislazione italiana dal Codice della crisi e dell’insolvenza. In questo senso si era già mosso il legislatore italiano. Com’è noto, infatti, gli obblighi di segnalazione della crisi d’impresa a carico degli organi di controllo e revisori legali dei conti, nonché dei creditori pubblici qualificati previsti dagli artt. 14 e 15 del D. Lgs. 14/2019 a partire dalla data di entrata in vigore del codice della crisi e dell’insolvenza (15 agosto 2020) sono slittati al 15 febbraio 2021 per effetto della proroga di 6 mesi, contenuta nel D. L. 2 marzo 2020 n. 9, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 53 del 2 marzo.

IL GIÀ PRESIDENTE DELLA CORTE D’APPELLO DI ROMA PRESENTA UNO STUDIO DEL CERIL, ORGANISMO CHE SI OCCUPA DEL DIRITTO EUROPEO SU RISTRUTTURAZIONE E INSOLVENZA

Va osservato che qualche voce in Italia si è già levata per chiedere un rinvio dell’entrata in vigore dell’intera disciplina del Codice della crisi e dell’insolvenza. Tale rinvio è in effetti giustificato dal fatto che sarebbe meglio che i tribunali, i professionisti e gli altri gestori della crisi d’impresa continuino ad avvalersi di norme che ben conoscono, piuttosto che dover contemporaneamente far fronte alla doppia sfida della crisi economica e di un nuovo sistema legislativo che nei primi mesi richiederà certamente un certo rodaggio. Lo stress potrebbe essere tale da comportare addirittura una reazione di rigetto globale per una riforma che complessivamente merita un giudizio positivo. Tanto più – spiega ancora il magistrato Panzani – che verosimilmente il legislatore dovrà comunque intervenire con norme speciali che dovranno derogare, almeno in parte alla nuova disciplina prevista dal Codice così come alle regole dettate dalla legge fallimentare del 1942 tuttora vigente. Si tratta di un suggerimento convincente, anche se, come si vedrà, il nuovo istituto della composizione assistita della crisi anche nella nuova difficile situazione economica potrebbe svolgere un ruolo positivo. Una seconda proposta dello studio del CERIL è di prevedere norme che consentano di “ibernare” le piccole e medie imprese che presentano insufficienti flussi di cassa dovuti al lockdown derivante dalle misure anti Covid- 19. Ibernazione significa sospensione dell’attività e rinvio delle scadenze contrattuali relative ai pagamenti. Oltre al rinvio dei termini non scaduti si rende necessaria la moratoria delle azioni esecutive dei creditori insoddisfatti. Va sottolineato che la semplice moratoria non è sufficiente perché in questo modo si evitano le azioni esecutive, ma si producono gli effetti connessi con l’inadempimento degli obblighi di pagamento. Rimangono cioè fermi i termini contrattualmente previsti e la possibilità di chiedere la risoluzione dei contratti. La Svizzera ha previsto questa soluzione . Anche in Italia l’art. 83 del d. l 19 marzo 2020, n. 18, al comma 2, ha sospeso sino al 15 aprile i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali. Tra questi termini sono compresi i termini per la proposizione dei procedimenti esecutivi, anche se ai sensi del terzo comma della norma rimane possibile chiedere la dichiarazione di urgenza nei casi in cui la ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti e quindi ai creditori. Dopo il 15 aprile la disciplina di legge prevede che i capi degli uffici giudiziari diano disposizioni di carattere generale per lo svolgimento delle udienze da tale data sino al 30 giugno, adottando possibilmente modalità da remoto e telematiche. Non vi è quindi una moratoria di carattere generale per le azioni esecutive per il periodo successivo al 15 aprile. Ciò perché l’art. 83 del d. l. 18/2020 muove dalla finalità di evitare il sovraffollamento degli uffici giudiziari, non dalle ragioni prese in considerazione dal documento del CERIL. Se si aderisce però all’opinione espressa proprio dal CERIL, che le azioni esecutive in questo contesto sarebbero più di danno che altro, parrebbe ragionevole estendere la moratoria ad un periodo più ampio. Analogamente a quanto prevede già attualmente la disciplina fallimentare alla moratoria dovrebbe accompagnarsi anche la sospensione degli obblighi relativi al mantenimento del capitale sociale a garanzia dei creditori.

Ma non mancano alcuni rischi

È evidente peraltro il rischio – spiega ancora il magistrato Panzani – che di questa favorevole disciplina possano avvantaggiarsi anche soggetti non meritevoli, che siano in realtà in condizione di pagare o che comunque stiano ponendo in essere comportamenti fraudolenti e/o illeciti. Anche questo tipo di condotte potrebbe essere di danno alla soluzione della crisi. Parrebbe quindi ragionevole introdurre possibilità di moratoria, anche per quanto concerne il rinvio dei termini non ancora scaduti, legate ad un provvedimento del giudice che verifichi in concreto la situazione del debitore. Tale ultima soluzione però rischierebbe di provocare un sovraccarico dei nostri uffici giudiziari, cui forse si potrebbe far fronte in modi analoghi a quelli adottati dai nostri ospedali, potenziando le sezioni dei tribunali che si occupano di esecuzioni e di procedure concorsuali, e riducendo l’attività delle altre sezioni che trattano le controversie civili meno urgenti. Prendendo spunto dalla disciplina prevista per le misure provvisorie dal codice della crisi, la sospensiva potrebbe essere conseguenza automatica di una dichiarazione depositata al registro delle imprese, in un con la documentazione che fotografa la situazione dell’impresa. La sospensiva dovrebbe però essere confermata dal giudice entro un termine contenuto, previa verifica che: a) l’impresa sia effettivamente esistente ed operativa e non si tratti di un guscio vuoto come spesso avviene nei casi di frode; b) amministratori e soci di riferimento non siano indagati per reati gravi, soprattutto in materia di criminalità organizzata, o non siano stati raggiunti da misure di prevenzione; c) la situazione di insolvenza (non di crisi) sia successiva all’avvento del coronavirus.

I riferimenti al Codice della crisi

Da questo punto di vista la disciplina contenuta nel Codice della crisi con riferimento alla procedura di composizione assistita davanti agli OCRI presso le Camere di commercio e la possibilità di avvalersi delle misure provvisorie di sospensione delle azioni esecutive che possono essere concesse dalle sezioni specializzate dell’impresa, potrebbe svolgere una funzione utile. Le norme previste dal codice, come del resto quelle contenute nella Direttiva EU 2019/1023 sui quadri di ristrutturazione preventiva, dovrebbero essere modificate, prevedendo che la sospensione possa avere una durata superiore al termine di 4 mesi prorogabile sino a 12 oggi previsto dall’art. 8 del codice e dalla Direttiva. Si potrebbe pensare di prevedere un provvedimento legislativo che attribuisca la competenza a concedere la moratoria alle sezioni fallimentari dei tribunali, che hanno una competenza specifica in materia, lasciando del tutto facoltativo l’accesso agli OCRI, che potrebbero svolgere una funzione di mediazione nell’interesse del debitore e dei creditori, ma soltanto su richiesta dell’imprenditore. In questo modo, come già accennato, si potrebbe evitare il pericolo di abuso della sospensione automatica delle azioni esecutive. La moratoria, se concessa, dovrebbe in ogni caso, come ricorda lo studio CERIL, evitare che il creditore in bonis possa provocare la risoluzione dei contratti pendenti, come del resto prevedono oggi sia la Direttiva che il codice della crisi. Non vi è ragione di preoccuparsi delle disposizioni sulla durata massima della sospensione delle procedure esecutive contenute nella Direttiva perché essa non è ancora in vigore e perché è ragionevole ritenere che anche la UE possa e voglia mettere mano a modifiche che tengano conto della nuova drammatica situazione che interessa tutti gli Stati membri dell’Unione. L’ibernazione, ammonisce lo studio del CERIL, non può essere totale. E nello stesso tempo occorrono aiuti di Stato a favore dei dipendenti ed anche degli imprenditori. Misure di questo tipo sono già contenute, anche se probabilmente in misura insufficiente, nella legislazione d’emergenza già emanata in Italia. Non è quindi il caso di soffermarsi su questo punto, se non per sottolineare che l’intervento deve riguardare tutte le imprese, ma in modo particolare l’ossatura della struttura economica italiana delle PMI. Vi è comunque la necessità che anche se ferme, le imprese possano mantenere in piedi la loro organizzazione per quanto concerne le spese fisse relative ad esempio ad elettricità, personale di emergenza per i servizi essenziali, l’apparato informatico, ecc. Fondi specifici debbono essere previsti a questo fine.

Finanziamenti statali un aiuto prezioso

Infine un ulteriore strumento di sostegno delle imprese può essere rappresentato da finanziamenti statali che consentano la prosecuzione dell’attività durante la crisi. Già vi sono provvedimenti di questo tipo nella legislazione emanata in Italia ed anche i provvedimenti assunti dalla BCE e annunciati dall’UE, in un con la sospensione del divieto di aiuti di Stato, vanno in questa direzione. Va però sottolineato che CERIL osserva che per le piccole imprese la liquidità offerta in forma di possibilità di accesso al credito non è utile perché si tratta di imprese che non possono alzare ulteriormente il proprio livello di indebitamento. Si tratta di una situazione, osserva CERIL, che è comune per la grande maggioranza delle imprese in Europa. Di qui la necessità di immaginare contributi a fondo perduto, finanziati con bond irredimibili e di far leva su tutti gli altri strumenti precedentemente illustrati. In questi termini si esprime un recente studio di Confindustria che presuppone prestiti a lunghissimo termine assicurati da un Fondo di garanzia. Va peraltro aggiunto che sarebbe opportuno escludere le “inadempienze probabili” dal novero delle situazioni impeditive del ricorso al fondo di garanzia. Oggi vi è il rischio che in tale classificazione vi vadano a ricadere moltissime imprese in crisi di liquidità, impedendo di fatto l’accesso ad uno strumento vitale.

Alcune imprese restano escluse

Va infine osservato che i provvedimenti adottati dal Governo con il d. l. 18/2020 nel prevedere interventi a favore delle imprese mantengono esclusioni per quelle che già si trovino in situazione di difficoltà. Così l’art. 49 nel prevedere una più favorevole disciplina del Fondo centrale di garanzia delle PMI deroga alle vigenti disposizioni del Fondo di cui all’art. 2, comma 100, lett. a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, ma precisa alla lettera g), insieme ad altre condizioni, che “Sono in ogni caso escluse – conclude il magistrato Panzani - le imprese che presentano esposizioni classificate come “sofferenze” o “inadempienze probabili” ai sensi della disciplina bancaria o che rientrino nella nozione di “impresa in difficoltà” ai sensi dell’art. 2, punto 18 del Regolamento (UE) n. 651/2014”. Così pure l’art. 55 modifica l’art. 44 bis del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, in tema di cessione a titolo oneroso di crediti nei confronti di debitori inadempienti e trasformazione in crediti di imposta delle imposte anticipate, prevede una disciplina più favorevole di quella attuale, ma esclude in ogni caso le società per le quali sia stato accertato lo stato di dissesto o il rischio di dissesto ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, ovvero lo stato di insolvenza.

Si tratta di limiti che oggi sono ben comprensibili, soprattutto nel secondo caso, per evitare che si pongano in essere comportamenti sostanzialmente fraudolenti. Ove però questi limiti dovessero valere anche per operazioni che riguardano imprese la cui situazione di crisi o insolvenza è conseguenza della crisi pandemica (e il legislatore non sembra distinguere) è evidente che gli interventi previsti riuscirebbero di nessuno o scarso aiuto”.

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