Il Messaggero 1 marzo 2020 .- Imprese, diagnosi precoce per evitare il dissesto - Codice della crisi: gli interventi del presidente emerito della Corte di Cassazione Renato Rordorf e del giudice Antonino Geraci. I cardini della nuova legge

Il Messaggero 1 marzo 2020 . - Imprese, diagnosi precoce per evitare il dissesto - Codice della crisi: gli interventi del presidente emerito della Corte di Cassazione Renato Rordorf e del giudice Antonino Geraci. I cardini della nuova legge

  • Icona data inserimento news 30 giugno 2020

Rordorf: alle soluzioni liquidatorie il ruolo di extrema ratio, consentire continuità o comunque prosecuzione dell’attività imprenditoriale. Il giudice Geraci: con la riforma procedure concorsuali anche per il debitore civile


CORSO POST LAUREAM

La riforma delle procedure concorsuali introduce una “fi losofi a” del tutto nuova. Punta, attraverso un sistema di “allerta”, ad anticipare l’emersione delle diffi coltà in modo da aumentare le chance di risanamento e di continuità aziendale, salvando attività,  patrimoni e posti di lavoro, tutelando i diritti dei creditori e migliorando il sistema economico. Il Legislatore ha inteso offrire agli imprenditori regole e strumenti nuovi per fare una diagnosi precoce delle diffi coltà, con il proposito di evitare gravi dissesti e crisi irreversibili. Per ottenere ciò le imprese dovranno dotarsi di un assetto organizzativo adeguato, con organi amministrativi e di controllo interno ed esterno. La tempestività della rilevazione dei primi segnali di crisi, dunque, e l’introduzione di meccanismi di prevenzione, insieme agli istituti dell’allerta sono gli snodi principali della nuova normativa, tesa a scongiurare il fallimento delle imprese, tanto che il termine “fallimento” scompare, sostituito da “liquidazione giudiziale”.  Dopo un iter legislativo travagliato quella disegnata dal D. Lgs. n. 14/219 (in attuazione della legge n. 155/2017) è una riforma di grande portata. Introduce i principi della prevenzione e la cultura del risanamento. “Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” entrerà pienamente in vigore a partire dal prossimo 16 agosto,  ma per le imprese non obbligate alla nomina dell’organo di controllo interno la bozza del Decreto correttivo, approvata pochi giorni fa dal Consiglio dei ministri,  e ora all’esame delle Commissioni parlamentari, prevede per queste ultime un rinvio di sei mesi, al 15 febbraio 2021.  Per la delicatezza della materia e il forte impatto culturale, il Codice anti- crisi è da mesi sotto i rifl ettori, oggetto di analisi e approfondimenti tra convegni e corsi di studio. La volta scorsa ci siamo occupati del corso di eccellenza post lauream, organizzato dall’Università di Firenze, intitolato “Diritto della Gestione e Risoluzione della Crisi Economica”. Del Comitato scientifi co fa parte Renato Rordorf, già presidente della Corte di Cassazione nonché presidente della commissione per la riforma delle procedure concorsuali, che è intervenuto in occasione del modulo formativo del 10 gennaio scorso.  Al suo discorso e a quello del dottor Antonino Geraci, giudice della esecuzione e delegato alle procedure concorsuali del Tribunale di Viterbo, dedichiamo questa seconda puntata.

Presidente Rordorf,  liquidazione extrema ratio

< < Le ragioni della riforma attuata con l’emanazione del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza sono molteplici e sono, potrei aggiungere, ragioni diverse.  In estrema sintesi - afferma il presidente Rordorf - mi pare che se ne possano tuttavia individuare due gruppi: uno di ordine, per così dire, sistematico, e l’altro che defi nirei di contenuto. Le ragioni sistematiche risiedono nella necessità,  da tempo avvertita da tutti gli operatori del diritto concorsuale, di dare maggiore coerenza ed organicità ad un settore dell’ordinamento che è stato attraversato in questi ultimi decenni da una serie di interventi riformatori, alcuni dei quali di rilevante portata, come quello intervenuto negli anni 2005 e 2006, altri invece ispirati ad una logica emergenziale, con risultati talvolta anche contraddittori.

PER IL PRESIDENTE EMERITO C’ERA L’ESIGENZA DI DARE COERENZA AL SISTEMA NORMATIVO, COMPLETANDO IL PROCESSO DI AMMODERNAMENTO

Nel loro insieme questi diversi e ripetuti interventi legislativi non si sono mai però del tutto ben amalgamati con l’impianto originario della legge fallimentare, assarisalente nel tempo ed inizialmente improntata a criteri di fondo non più attuali ed anzi ormai ben distanti dal clima legislativo di questo inizio di secolo. Si poneva, dunque, l’esigenza di dare coerenza al sistema normativo ed, al tempo stesso, di completare un processo di ammodernamento dei suoi lineamenti.

Soluzione della crisi e continuità aziendale

Il secondo gruppo di ragioni ispiratrici della riforma ha riguardo al contenuto della normativa. Già la raccomandazione europea del 2014, cui ha poi fatto seguito la direttiva “Insolvency” del giugno 2019, esprimeva a chiare lettere l’intento di favorire forme di risoluzione della crisi che consentano il mantenimento della continuità aziendale, o comunque la prosecuzione dell’attività imprenditoriale, riservando alle soluzioni liquidatorie il ruolo di extrema ratio. Questo intento è stato sicuramente ben presente nell’elaborazione della nuova normativa nazionale, anche se ovviamente si può discutere quanto al modo in cui esso è stato in concreto realizzato. E’ in quest’ottica, del resto, che si colloca la scelta di cancellare ogni residua valenza punitiva del fallimento e lo stigma sociale negativo che da sempre lo ha accompagnato, non solo eliminando dal lessico normativo la stessa parola “fallimento” ed i suoi derivati, ma anche consentendo al debitore insolvente o sovraindebitato (il discorso riguarda anche il debitore civile) di rimettersi in gioco sia come imprenditore sia come consumatore o, più in generale, come soggetto attivo del mercato. Le possibilità di risanare un’impresa in crisi, evitando che si scivoli fatalmente verso l’insolvenza e che questa divenga poi irreversibile, rendendo inevitabile la liquidazione dell’azienda, dipendono anzitutto dalla tempestività con la quale si riesca a diagnosticare correttamente i sintomi della crisi per individuarne i possibili rimedi. L’esperienza di questi anni ha ampiamente dimostrato che proprio la tardività dei tentativi di risanamento aziendale operati facendo ricorso agli strumenti che già l’ordinamento conosceva – piani attestati, accordi di ristrutturazione, concordato in continuità – ne ha determinato, nella maggior parte dei casi, il fallimento e non ha perciò potuto impedire un esito liquidatorio.

Favorire la tempestiva emersione della crisi

Lo strumento giuridico più importante che il legislatore ha posto in opera per favorire la tempestiva emersione della crisi (benché non il solo) è rappresentato dai nuovi istituti dell’allerta e della composizione assistita della crisi. Come per ogni istituto nuovo, occorrerà attendere la prova del fatti per giudicare della sua effi cacia, ma non v’è dubbio che su questo terreno soprattutto si gioca la riuscita dell’intera riforma. Non ci si può però nascondere che quegli istituti funzioneranno soprattutto, se ed in quanto si riuscirà a percepire per tempo i sintomi della crisi dall’interno stesso dell’impresa. Non è il caso infatti di affi darsi troppo alla c. d “allerta esterna”, ossia all’eventualità che siano alcuni creditori qualifi cati, quali il fi sco e gli istituti previdenziali, a mettere sistematicamente in moto gli istituti di cui s’è detto: e questo per ragioni in parte dipendenti dall’estrema farraginosità del meccanismo di allerta esterna, in parte per il fatto che il livello d’indebitamento al quale è stata collocata l’allerta esterna è così elevato da implicare che ormai ci si trovi in presenza non più di sintomi di crisi bensì di manifestazioni di vera e propria insolvenza conclamata. Se si vuole davvero prevenire l’insolvenza attraverso la tempestiva individuazione dei sintomi della crisi, è all’interno dell’impresa che bisogna guardare, ai suoi organi di gestione e di controllo, perché nessuno meglio di loro è in grado di diagnosticarli. Ma questo ha un’importate implicazione: che l’impresa dev’essere organizzata in modo tale da consentire effettivamente a chi la gestisce ed a chi controlla la correttezza della gestione di percepire tempestivamente quei sintomi e di reagire altrettanto tempestivamente. Opportunamente, perciò, il legislatore ha previsto che l’istituzione di adeguati assetti organizzativi sia un dovere di chi è chiamato a gestire un’impresa in forma collettiva; un dovere giuridico la cui violazione comporta quindi eventuali responsabilità. La preoccupazione da talune parti manifestata per una pretesa eccessività dei costi che graverebbero sulle imprese piccole e medie in conseguenza del dovere di organizzarsi adeguatamente non mi paiono giustifi cate. Essendo l’adeguatezza un concetto essenzialmente relativo, essa va commisurata alla natura ed alla dimensione dell’impresa, sicché anche i costi saranno proporzionali a queste variabili. L’impresa d’altronde, quale che ne sia la dimensione, da

PER IL GIUDICE GERACI LO STRUMENTO DELL’ALLERTA IMPONE UN NUOVO APPROCCIO NELLA GESTIONE DELLA CRISI DI IMPRESA

sempre è defi nita come un’attività economica organizzata. Chi ne ha la gestione non può dunque non farsi carico dell’adeguatezza dell’organizzazione. Dire che un’impresa non è adeguatamente organizzata equivale a dire che essa è disorganizzata, e ciò si pone in contraddizione con la defi nizione stessa di impresa, con il suo essenziale modo di essere. Se accedessimo all’idea che le piccole imprese, appunto in quanto piccole, possano non curarsi della loro organizzazione, o non farlo adeguatamente, convalideremmo un sistema di piccole imprese destinate a vivere alla giornata; un sistema che, francamente, a me sembra inaccettabile e, comunque, tutt’altro che virtuoso in un Paese che voglia collocarsi tra i primi posti delle nazioni più industrializzate del mondo.


La crisi non è un fulmine a ciel sereno

Le crisi d’impresa, nella maggior parte dei casi, non giungono come un fulmine a ciel sereno, ma si manifestano progressivamente. Un’organizzazione idonea a prevenire l’ulteriore degenerazione di una crisi incipiente ed a porre in essere quei rimedi che solo se tempestivamente attuati possono produrre effetto è perciò, evidentemente, destinata ad arrecare assai notevoli benefi ci alla stessa impresa: perché consente di evitare i costi ben maggiori derivanti dal precipitare ad occhi bendati in una situazione di irreversibile insolvenza. Non senza aggiungere che anche quando l’insolvenza divenga, nonostante tutto, inevitabile ed altrettanto inevitabile risulti il ricorso a procedure di stampo liquidatorio, queste medesime procedure risulteranno tanto meno dispersive di valore quanto migliore e più ordinato sarà lo stato di organizzazione dell’azienda da liquidare: il che, in defi nitiva, costituisce un signifi cativo vantaggio non solo per i creditori ma per lo stesso imprenditore assoggettato alla procedura> > . Il Giudice dott. Antonino Geraci ha poi analizzato le dinamiche intercorrenti tra la nuova fase di allerta, la risoluzione assistita e la successiva apertura della liquidazione giudiziale/controllata focalizzando l’attenzione sul nuovo approccio previsto dal Codice della Crisi.

Il giudice di Viterbo Antonino Geraci

Secondo il Giudice Geraci la riforma delle procedure concorsuali instaurerà una nuova e diversa mentalità rispetto a quella attuale, nella quale la fase istruttoria fi nalizzata alla apertura della liquidazione giudiziale non rappresenterà più il momento di prima emersione dello stato di insolvenza, come attualmente avviene nella cosiddetta istruttoria pre- fallimentare. < > . Lo scopo dell’allerta, secondo il dottor Geraci, è quello di < > . Nel suo intervento il dottor Geraci ha specifi cato anche la possibilità di < > . momento di prima emersione dello stato  di crisi e, successivamente di insolvenza, sarà già oggetto di una istruttoria da parte dell’OCRI. E le informazioni relative al procedimento di composizione della crisi potranno poi essere utilizzate dal Tribunale nonché, in ambito penale, dal P. M. (art. 21)> > . Lo scopo dell’allerta, secondo il dottor Geraci, è quello di < < prevenire lo stato di insolvenza ovvero di far sì che la decozione dell’impresa emerga prima che si possano ingenerare danni per il mercato e gli altri operatori economici. E’ prevista una procedura di composizione assistita ed una di allerta che poggia su due pilastri: gli obblighi organizzativi in capo all’imprenditore e quelli di segnalazione a carico di determinati soggetti. E’ stato anche valorizzato l’intervento del P. M. prevedendo che l’OCRI debba segnalare al Pubblico Ministero la mancata risoluzione dello stato di crisi. In tal caso è previsto che il P. M. proceda di norma a domandare l’apertura della liquidazione giudiziale> > . Nel suo intervento il dottor Geraci ha specifi cato anche la possibilità di < < verifi care lo stato di insolvenza mediante l’analisi degli indici di allerta indicati nell’art. 13. In tal caso infatti la presenza di uno stato di crisi già risalente nel tempo e non tempestivamente risolto nella fase antecedente alla comparizione delle parti innanzi al Giudice delegato, potrebbe evidenziare un indice dello stato di decozione dell’impresa

Liquidazione controllata a richiesta del creditore

Appare infi ne importante sottolineare – prosegue il Giudice Geraci – la soggezione alle procedure concorsuali anche per i soggetti attualmente non fallibili. Il creditore potrà infatti domandare l’apertura della liquidazione controllata per i piccoli imprenditori, i professionisti, gli imprenditori agricoli e fi nanche i consumatori. Restano tuttavia alcune criticità, osserva Geraci < < E’ carente il coordinamento con le norme che disciplinano il patrocinio a spese dello Stato. L’art. 349 prevede infatti la sostituzione, nella legislazione vigente, dei termini “fallimento”, “procedura fallimentare” e “fallito” con liquidazione giudiziale o espressioni equivalenti. Resta quindi escluso ogni riferimento alla nuova liquidazione controllata. Le disposizioni previste per il patrocinio a spese dello Stato non sembrano dunque applicabili alla liquidazione controllata. Non potrà essere posto a carico dell’erario il compenso dell’O. C. C. La problematica sopra indicata appare inoltre addirittura fi siologica nelle procedure avviate su richiesta del debitore incapiente. Si tratta di una nuova procedura avviata in assenza di utilità distribuibili ai creditori. E’ previsto espressamente che la domanda sia presentata con l’ausilio dell’O. C. C. Tuttavia, non essendo contemplata la possibilità di porre il compenso a carico dell’erario, l’O. C. C. non verrebbe retribuito, salvo il caso remoto in cui il debitore riceva successivamente dei beni o utilità prima della chiusura della procedura. Si tratta di una lacuna importante – sottolinea il Giudice Geraci – in quanto risponde ad un principio costituzionale la necessità di garantire il pagamento del compenso degli organi della procedura concorsuale. Si tratterebbe, inoltre, di una situazione analoga a quanto avveniva in relazione al compenso del Curatore. In tal caso, tuttavia, la Corte Costituzionale è intervenuta stabilendo che il compenso del Curatore, in assenza di fondi, fosse posto a carico dell’erario (Corte costituzionale 20- 4- 2006, n. 174)> > . (2 - continua su IlMessaggero 8. 3. 20)

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