Il Messaggero 26 gen 2020 - L’azienda è in crisi? Il concordato la salverà - Com’è cambiato il concordato rispetto al passato, le strategie per aiutare le imprese a superare le fasi critiche. Interviene l’esperto di Diritto fallimentare e commerciale

Il Messaggero 26 gen 2020 - L’azienda è in crisi? Il concordato la salverà - Com’è cambiato il concordato rispetto al passato, le strategie per aiutare le imprese a superare le fasi critiche. Interviene l’esperto di Diritto fallimentare e commerciale

  • Icona data inserimento news 26 giugno 2020

Panzani, presidente Corte d’Appello di Roma: prima il benefi cio si concedeva all’imprenditore sfortunato ma onesto, ora conta la fattibilità del piano. Preferito il concordato in continuità, ammessa anche la liquidazione


Continuiamo ad occuparci della riforma della legge sul fallimento, tema delicatissimo. Ce ne occupiamo attraverso l’attenta analisi di uno dei maggiori esperti della materia, il dottor Luciano Panzani, di cui pubblichiamo gli interventi sulle nostre pagine domenicali. Panzani, oltre ad essere il presidente della Corte d’Appello di Roma, è esperto di Diritto fallimentare e commerciale. A partire dal 2000 ha fatto parte di tutte le commissioni ministeriali di riforma del diritto commerciale e della nuova legge fallimentare, compreso le due Commissioni Rordorf, che hanno redatto il testo del nuovo Codice, che entrerà in vigore dal prossimo 15 agosto. Ecco il suo intervento, questa volta dedicato al Concordato preventivo, una procedura concorsuale alla quale possono fare ricorso le aziende in stato di crisi. < < La disciplina del concordato preventivo - scrive il dottor Panzani - è ampia e dettagliata. Si tratta infatti della più importante e diffusa procedura di ristrutturazione dell’impresa in crisi. Non è possibile in questa sede darne una compiuta esposizione e ci limiteremo a soffermarci sui tratti fondamentali così come sono stati modifi cati e corretti rispetto al passato dal Codice della crisi e dell’insolvenza e dalla bozza di decreto correttivo che il Ministero della Giustizia ha elaborato, ma che ancora deve essere approvato dal Consiglio dei Ministri.

Disciplina modificata con il codice della crisi

La procedura si applica tanto alle imprese in situazione di crisi che a quelle già insolventi, purché, aggiungiamo noi, l’insolvenza sia reversibile. Il codice della crisi, infatti, ha modifi - cato sensibilmente la disciplina che del concordato dava la legge fallimentare dopo la riforma Vietti del 2005- 2006. Allora il concordato aveva cessato di essere uno strumento riservato all’imprenditore “sfortunato, ma onesto”, cui si chiedeva di pagare ai creditori la percentuale, diffi cilmente raggiungibile, del 40% dei crediti, ma di essere anche “meritevole del chiesto benefi cio”

Abbandonato il criterio della meritevolezza

Nel 2005 era divenuto una procedura moderna in cui, abbandonato ogni requisito di meritevolezza, a condizione che l’imprenditore facesse una chiara e completa esposizione della situazione in cui si trovava, la proposta rivolta ai creditori doveva fondarsi su un piano che trovava fondamento nella certifi cazione dell’attestatore che esso era fattibile, cioè che quanto proposto poteva essere effettivamente realizzato, tenuto conto delle condizioni dell’impresa. Non era prevista una percentuale minima ed era lasciato ai creditori, con il voto in sede di adunanza, di valutare se le condizioni proposte erano convenienti. Il concordato poteva essere in continuità, vale a dire garantire la prosecuzione dell’impresa e la conservazione, almeno in parte, dei posti di lavoro, ovvero liquidatorio, se si fondava sulla vendita degli asset e il pagamento dei creditori, in percentuale, con il ricavato. La vendita poteva riguardare l’intera azienda ed in questo caso l’impresa poteva continuare in capo ad un nuovo imprenditore. L’approvazione del concordato non era rimessa soltanto ai creditori, ma alla decisione del tribunale.

Il controllo del commissario giudiziale

Nel tempo tra la presentazione della proposta e la sua approvazione defi nitiva da parte del tribunale (omologazione) l’imprenditore era soggetto al controllo del commissario giudiziale nominato dal tribunale e aveva necessità dell’autorizzazione del giudice per il compimento degli atti di straordinaria amministrazione e per contrarre fi nanziamenti che consentissero la prosecuzione dell’attività e, dopo l’omologazione, l’attuazione del piano. Il controllo del tribunale era quindi rilevante, ma nonostante ciò l’ordinaria attività d’impresa era pur sempre nelle mani dell’imprenditore, vero debtor in possession secondo il modello americano del Chapter 11.

La Cassazione sulla fattibilità economica

La giurisprudenza era divenuta più rigorosa, ritenendo che il controllo del giudice dovesse essere approfondito, non formale. Per quanto la Cassazione avesse ritenuto che la valutazione del contenuto del piano nel merito (in linguaggio giuridico la fattibilità economica) fosse riservato ai creditori, i tribunali interpretavano tale principio in modo stringente. Dopola riforma Vietti era stato consentito all’imprenditore di benefi ciare di un termine, dopo la presentazione della domanda, per redigere e presentare il piano, rimanendo assoggettato ai controlli del commissario e del tribunale. Si trattava del c. d. concordato con riserva o concordato in bianco. La riserva riguardava la presentazione del piano.

Per combattere gli abusi più controlli

Di fronte ad evidenti casi di abuso il legislatore aveva inasprito i controlli consentendo in talune ipotesi la revoca dell’ammissione alla procedura. Nei 14 anni che separano la riforma Vietti dal codice della crisi altre modifi che si erano imposte. Si era ritenuto che l’imprenditore avesse troppa libertà nella scelta delle forme con cui dovevano essere alienati gli asset dopo l’omologazione. Di conseguenza era stato introdotto il principio che la vendita dovesse avvenire di regola dopo la liquidazione e secondo procedure competitive, richiamando i principi stabiliti per le vendite fallimentari. Si era prevista la possibilità per i creditori di presentare un piano alternativo a quello dell’imprenditore, quando la percentuale da questi offerta fosse inferiore al 40%, chiamando i creditori a votare sulle due proposte.

Regole a favore della continuità

Si era anche previsto che quando al piano si fosse accompagnata una proposta di acquisto da parte di un soggetto predeterminato, si dovesse assicurare una gara su tale proposta, onde evitare il pericolo che l’imprenditore presentasse ai creditori una proposta preconfezionata, che non fosse quella per essi più conveniente. Infi ne si erano introdotte regole di favore per il concordato in continuità, allo scopo di promuovere la prosecuzione dell’impresa, fermo il principio del miglior soddisfacimento dei creditori, e vincoli di percentuale minima per i creditori nel caso del concordato liquidatorio, visto quindi con sfavore, in base alla regola di esperienza che i concordati di tale tipo duravano non meno dei fallimenti e non consentivano ai creditori una maggiore soddisfazione. Il codice della crisi non ha modifi cato i tratti fondamentali della disciplina del concordato preventivo. Ha però fatto due chiare scelte di campo. La prima a favore del concordato in continuità. Il concordato liquidatorio è ancora ammesso, ma soltanto se esso prevede risorse aggiuntive rispetto a quelle che sarebbero a disposizione dei creditori nel caso di liquidazione giudiziale, la procedura che ha preso il posto del vecchio fallimento. Inoltre il concordato liquidatorio deve assicurare il soddisfacimento dei creditori chirografari almeno per il 20% dei loro crediti e le risorse aggiuntive debbono incrementare tale soddisfacimento almeno del 10% rispetto a ciò che essi otterrebbero dalla liquidazione dei beni che farebbero comunque parte della procedura. Il concordato in continuità non prevede percentuali minime di soddisfacimento dei creditori.

IL CONCORDATO NON È PIÙ UNO STRUMENTO RISERVATO ALL’IMPRENDITORE “SFORTUNATO, MA ONESTO”, CUI SI CHIEDEVA DI PAGARE AI CREDITORI LA PERCENTUALE DIFFICILMENTE RAGGIUNGIBILE DEL 40%

LE TAPPE

. . . . PRIMA DEL 2005

MERITO E ONESTÀ I REQUISITI, SI PAGAVA IL 40% DEI CREDITI

Il concordato era riservato all’imprenditore “sfortunato, ma onesto”, cui si chiedeva di pagare ai creditori la percentuale, diffi cilmente raggiungibile, del 40% dei crediti, e cui si chiedeva anche di essere “meritevole” del chiesto benefi cio

. . . DOPO IL 2005

DIVENTA PROCEDURA MODERNA, SI VALUTA LA SITUAZIONE

Con la riforma Vietti cambiano molte cose. Il concordato diventa una procedura moderna in cui veniva abbandonato ogni requisito di meritevolezza, a condizione che l’imprenditore facesse una chiara e completa esposizione della situazione.

VALE LA CERTIFICAZIONE DELL’ATTESTATORE

La proposta rivolta ai creditori doveva fondarsi su un piano che trovava fondamento nella certifi cazione dell’attestatore che esso era fattibile, cioè che quanto proposto poteva essere effettivamente realizzato, tenuto conto delle condizioni dell’impresa.

NON È PIÙ PREVISTA LA PERCENTUALE MINIMA

Era lasciato ai creditori, con il voto in sede di adunanza, di valutare se le condizioni proposte erano convenienti, senza prevedere una percentuale minima del pagamento.

CONCORDATO IN CONTINUITÀ O LIQUIDATORIO

Era lasciato ai creditori, con il voto in sede di adunanza, di valutare se le condizioni proposte erano convenienti, senza prevedere una percentuale minima del pagamento.

DOPO LA VENDITA UN NUOVO IMPRENDITORE La vendita poteva riguardare l’intera azienda ed in questo caso l’impresa poteva continuare in capo ad un nuovo imprenditore. L’approvazione del concordato non era rimessa soltanto ai creditori, ma alla decisione del tribunale.

TRA LA RIFORMA VIETTI E IL NUOVO CODICE Nei 14 anni che separano la riforma Vietti dal codice della crisi altre modifi - che si impongono. Tra cui l’introduzione di regole di favore per il concordato in continuità, allo scopo di promuovere la prosecuzione dell’impresa.

NEL CODICE DELLA CRISI DUE SCELTE CHIARE Il codice della crisi, in realtà, non ha modifi cato i tratti fondamentali della disciplina del concordato preventivo. Ha però fatto due scelte. La prima a favore del concordato in continuità. Il concordato liquidatorio è ammesso, ma soltanto se prevede risorse aggiuntive a disposizione dei creditori.


Possibile continuità diretta o indiretta

Per il resto la continuità può essere diretta, se l’impresa prosegue in capo all’imprenditore, o indiretta, nel caso di cessione della stessa a terzi o di affi tto o comunque di prosecuzione da parte di un terzo a titolo diverso dalla cessione. La seconda scelta di campo sta nello stabilire che nel caso in cui il piano preveda una parziale prosecuzione dell’attività d’impresa, mentre alcuni cespiti vengono alienati, la prosecuzione dell’attività sia prevalente. Il favore per il concordato in continuità comporta il rischio che si vogliano gabellare per continuità situazioni in cui si liquida quasi tutto e la prosecuzione dell’impresa riguarda attività secondarie ( ad esempio un negozio, magari lo spaccio aziendale per un periodo di tempo limitato). Ecco allora la necessità del requisito della prevalenza. Se le ragioni sono chiare, la soluzione è discutibile perché si chiede che i creditori vengano soddisfatti in misura prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale diretta o indiretta, condizione questa che potrebbe mancare in molti casi in cui vi è comunque un’impresa che sarebbe meritevole di essere salvata.

Le norme tra continuità e liquidazione

Il legislatore ha complicato la situazione aggiungendo un requisito che non era previsto dal testo originario del Codice che era stato redatto dalla Commissione Rordorf. La prevalenza è sempre sussistente quando, sintetizzando, all’impresa nei primi due anni sono addetti almeno la metà della media dei lavoratori addetti nei due esercizi precedenti. Va poi aggiunto che nel caso del concordato di gruppo, situazione che esamineremo approfonditamente in altra occasione, quando per talune imprese si preveda la liquidazione e per altre la continuità, si applica la sola disciplina della continuità, senza quindi percentuali minime a favore dei creditori, se complessivamente i creditori sono soddisfatti in misura prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità, confrontando i fl ussi complessivi derivanti dalla continuità con quelli derivanti dalla liquidazione. L’apparente ossessione del legislatore per la continuità balza agli occhi se si considera che anche nella disciplina del concordato minore, riservato al debitore sovraindebitato, nel caso quindi di imprese di minime dimensioni o di professionisti l’art. 74 richiede che la proposta di concordato sia in continuità consentendo di proseguire l’attività imprenditoriale o professionale. Negli altri casi, e quindi sempre se si tratta di debitore civile, cioè che non è imprenditore, professionista o consumatore, occorrono risorse esterne che, come nel concordato preventivo liquidatorio, aumentino il soddisfacimento dei creditori, anche se basta che ciò avvenga in “misura apprezzabile”, e non nella misura del 10%.

Lavoratori pari alla media degli occupati

Il requisito occupazionale è richiesto, oltre che per la prevalenza, anche come requisito autonomo della continuità indiretta. Non basta cioè che l’impresa prosegua in capo ad altro imprenditore. Occorre che sia previsto il mantenimento o la riassunzione di un numero di lavoratori pari almeno alla metà della media degli occupati nei due anni precedenti. Il legislatore sembra trascurare che frequentemente la ristrutturazione è possibile soltanto a condizione di ridurre i posti di lavoro. Imporre un numero minimo di occupati, a prescindere da quello che potrà essere il risultato della contrattazione in sede sindacale, signifi ca precludere possibilità di soluzione della crisi. Questo requisito, già previsto in forme simili dalla legge sull’amministrazione straordinaria del 1999, non ha dato buona prova, anche perché è praticamente impossibile verifi carne il rispetto  dopo che il concordato è stato omologato. Il concordato può essere risolto per inadempimento, ma è discutibile che i creditori possano far valere la violazione degli obblighi in tema di occupazione quando essi siano stati regolarmente soddisfatti in base al piano di concordato.

Ora rafforzati i poteri del Tribunale

Con il codice della crisi il legislatore ha rafforzato i poteri del tribunale, non soltanto nel senso che il commissario giudiziale deve essere subito nominato nel caso di concordato con riserva, conservato ma con maggiori limiti rispetto al passato, ma nel senso che ha attribuito ai giudici la valutazione anche della fattibilità economica. Sin dal momento della presentazione della domanda il tribunale quando accerta il difetto delle condizioni di ammissibilità e fattibilità, sentito il debitore, i creditori che hanno proposto domanda di apertura della liquidazione giudiziale ed il P. M. dichiara inammissibile la proposta e, su istanza di uno dei creditori legittimati, apre la procedura di liquidazione giudiziale.

Il piano deve precisare le ragioni della continuità

Rispetto al passato il codice della crisi offre indicazioni più precise riguardo al contenuto del piano. In caso di continuità aziendale esso deve precisare le ragioni per cui essa è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori, requisito questo che è comunque condizione per l’ammissione alla procedura, prevalendo l’interesse dei creditori sugli altri interessi che possono venire in gioco, quale la continuazione dell’attività d’impresa, i diritti dei soci, la tutela dell’occupazione, interessi che in qualche misura ricevono tutela da parte del codice, ma in via subordinata. Il piano deve spiegare perché la continuità aziendale è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori, i costi ed i ricavi della prosecuzione dell’attività d’impresa, le risorse fi nanziarie necessarie e le modalità di copertura di tali costi; deve indicare oltre alle strategie di intervento ed ai tempi necessari per il riequilibrio della situazione fi nanziaria, gli apporti di fi nanza nuova se previsti, le azioni risarcitorie e recuperatorie con un confronto con l’alternativa rappresentata dalla liquidazione giudiziale che potrebbe consentire azioni a tutela dei creditori, quali le revocatorie, non esperibili durante il concordato. La bozza di decreto correttivo recentemente resa nota dal Ministero, ma non ancora defi nitiva, ha richiesto inoltre che a tutti questi elementi si accompagni il piano industriale e l’evidenziazione dei suoi effetti sul piano fi nanziario.

Nelle imprese una struttura di “rilevazione”

Si tratta di precisazioni opportune, ma in molti casi questi requisiti richiedono una struttura di rilevazione ed elaborazione dei fatti contabili superiore a quella di cui l’impresa, specie se di modeste dimensioni, ha fatto uso sino a quel momento. E’ evidente che anche per risolvere i problemi di crisi gli imprenditori debbono evolvere la loro struttura d’impresa, come del resto tutta la disciplina della riforma, a partire dall’obbligo degli assetti previsto dal nuovo art. 2086 c. c. e dalle norme in tema di allerta, presuppone. Come si è detto, ragioni di spazio rendono impossibile soffermarsi su altri aspetti importanti della riforma. Il legislatore ha innovato la disciplina della sospensione delle azioni esecutive, introducendo le nuove misure protettive, che si applicano anche agli accordi di ristrutturazione e alla procedura di composizione assistita. Si è cercato di ridurre i costi della procedura, anche per quel che riguarda i crediti in prededuzione che rischiano di assorbire una parte troppo rilevante dell’attivo. Ciò però ha inciso in qualche misura sui compensi dei professionisti. Ancora si è intervenuti sulla disciplina dei contratti pendenti e sulle sorti dei crediti della banca nel caso delle partite c. d. autoliquidanti, con una soluzione che la bozza di decreto correttivo considera equidistante tra le ragioni di chi intende tutelare la massa dei creditori e chi invece vorrebbe maggior protezione del credito bancario. La riforma ha anche cancellato l’adunanza dei creditori, sostituita da una votazione on line, nell’ambito della quale il G. D. conserva i suoi poteri di ammissione dei crediti ai soli fi ni del voto. E’ stata parzialmente rivista la disciplina dell’esecuzione del concordato, della risoluzione ed annullamento. Su tutto ciò ci si augura di poter tornare in futuro> > .

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