Il Messaggero 29 dic 2019 - Accordi di ristrutturazione, decide il Tribunale - Nuovo Codice della crisi d’impresa/ In arrivo un decreto correttivo, che modifi cherà alcune delle nuove disposizioni: per ora è stato diffuso il testo in forma non ufficiale

Il Messaggero 29 dic 2019 - Accordi di ristrutturazione, decide il Tribunale - Nuovo Codice della crisi d’impresa/ In arrivo un decreto correttivo, che modifi cherà alcune delle nuove disposizioni: per ora è stato diffuso il testo in forma non ufficiale

  • Icona data inserimento news 25 giugno 2020

Il presidente della Corte d’Appello di Roma, Panzani: Ammesso l’accordo con una parte dei creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti, a condizione che i restanti creditori vengano integralmente soddisfatti


Continuiamo ad occuparci della riforma della legge sul fallimento, tema delicatissimo, per le implicazioni di carattere economico, giuridico e sociale che questa legge si porta dietro. Ce ne occupiamo attraverso l’attenta analisi di uno dei maggiori esperti della materia, il dottor Luciano Panzani, di cui pubblichiamo gli interventi sulle nostre pagine domenicali. Panzani, oltre ad essere il presidente della Corte d’Appello di Roma, è esperto di diritto fallimentare e commerciale. A partire dal 2000 ha fatto parte di tutte le commissioni ministeriali di riforma del diritto commerciale e della nuova legge fallimentare, compreso le due Commissioni Rordorf, che hanno redatto il testo della nuova legge. Ecco il suo intervento.

Previsto un decreto correttivo

< < Nelle scorse settimane - scrive il dottor Panzani - abbiamo illustrato alcuni dei tratti fondamentali della riforma del fallimento e delle procedure di ristrutturazione delle imprese in crisi contenuta nel codice della crisi e dell’insolvenza (d. lgs. 12 gennaio 2019, n. 14) destinata ad entrare in vigore il prossimo 15 agosto 2020. Ricordiamo che è previsto un decreto correttivo, di prossima adozione da parte del consiglio dei ministri, che verosimilmente verrà pubblicato sulla Gazzetta Uffi ciale a marzo 2020, che dovrebbe modifi care alcune delle nuove disposizioni e correggere i refusi che ha causato la complessa gestazione del nuovo testo di legge, iniziata nella vecchia legislatura con una diversa maggioranza politica e completata nella nuova da due Governi con lo stesso Ministro della Giustizia, ma diversa composizione. In questi giorni circola una prima bozza non uffi ciale del testo del decreto.

Concordato e accordi di ristrutturazione

In attesa dell’approvazione del correttivo continuiamo ad illustrare i tratti salienti della riforma, trattando oggi degli accordi di ristrutturazione. Va detto che concordato preventivo ed accordi di ristrutturazione esistevano già nella legge fallimentare ancora oggi vigente. Il primo aveva subito un profondo restyling con la riforma Vietti nel 2005 ed era già divenuto una moderna procedura di ristrutturazione con caratteristiche non molto diverse dal Chapter 11 americano, che viene un po’ considerato da tutti il benchmark di riferimento in materia.

Gli accordi erano stati introdotti per la prima

volta proprio dalla riforma Vietti e, dopo un

periodo di alcuni anni in cui non erano stati

quasi utilizzati, erano stati fi nalmente “scoperti” dai professionisti ed usati per risolvere crisi

di impresa in cui fosse suffi ciente un accordo

con una parte soltanto dei creditori, in genere

le banche ed i fornitori più rilevanti.

Accordo omologato dal Tribunale

In estrema sintesi con l’accordo di ristrutturazione, che deve essere omologato dal Tribunale, l’imprenditore raggiunge un accordo con una parte limitata dei creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti, a condizione che i restanti creditori, in gergo i creditori estranei così detti perché non partecipano all’accordo, vengano integralmente soddisfatti e venga ripristinato l’equilibrio economico fi nanziario dell’impresa, la sua capacità di proseguire l’attività, di nuovo in gergo la cd. continuità aziendale.

Rinuncia parziale al credito

L’accordo ovviamente può prevedere una rinuncia parziale al proprio credito da parte dei creditori che partecipano all’accorpartecipano possono essere differenziate. Non vi è, diversamente dal concordato preventivo, l’obbligo di rispettare il principio della c. d. par condicio, di trattare cioè i creditori che hanno lo stesso grado di prelazione o che sono creditori chirografari, nel medesimo modo. I creditori possono opporsi all’omologazione quando le condizioni previste dal piano che costituisce la base dell’accordo con i creditori e che deve essere attestato, potremmo dire convalidato, da un esperto indipendente scelto dal debitore, non sono raggiungibili o quando, trattandosi di creditori estranei, l’attuazione del piano pregiudica i loro crediti.

Ammessa dilazione di pagamento

In realtà non è del tutto vero che i creditori estranei vengano pagati esattamente come se non venisse aperta una procedura di ristrutturazione perché è ammessa una dilazione di pagamento di 120 giorni dalla scadenza del credito se successiva all’omologazione o dall’omologa ove si tratti di crediti già scaduti. Inoltre l’imprenditore può chiedere una sospensione limitata delle azioni esecutive promosse dai creditori, nelle more dell’omologa degli accordi, onde evitare che il patrimonio dell’impresa venga smembrato e che la prosecuzione dell’attività produttiva e la stessa esecuzione del piano vengano compromesse. Il tribunale la concede quando ritiene, sulla scorta della relazione dell’esperto indipendente, che vi siano le condizioni perché il piano venga approvato.

Ora più garanzie all’imprenditore

Gli accordi, così disciplinati dalla riforma Vietti, sono stati utilizzati per gestire crisi anche di imprese di rilevanti dimensioni, dove però non era necessario acquisire il consenso di un numero troppo elevato di creditori e dove viceversa la minore pubblicità che l’accordo riceve rispetto al concordato, dà maggiori garanzie all’imprenditore di evitare i danni di immagine.

Ricorso alla procedura aperto alle aziende agricole

Il codice della crisi ha introdotto importanti novità. L’art. 58 del codice della crisi chiarisce che gli accordi possono essere proposti anche dall’imprenditore non commerciale, con ciò aprendo la strada al ricorso a questa procedura da parte dell’imprenditore agricolo, tradizionalmente escluso dalle procedure concorsuali con un approccio che in origine aveva fi nalità di protezione, ma che oggi rappresenta un handicap. Va però detto che l’art. 2, comma 2, lett. c) del codice della crisi sembra consentire all’imprenditore agricolo il solo accesso alle procedure di sovraindebitamento, tra cui non rientrano gli accordi di ristrutturazione.

Accordo vincolante anche per i dissenzienti Il legislatore ha meglio precisato

il contenuto del piano con un rinvio alla disciplina prevista per i piani attestati. E’ stata prevista la possibilità di ricorrere agli accordi di ristrutturazione c. d. ad effi cacia estesa, nei quali l’accordo può essere reso vincolante per i creditori dissenzienti che appartengano alla medesima categoria di quelli che hanno aderito, individuata per omogeneità di posizione giuridica ed interessi economici, a condizione che i creditori aderenti rappresentino almeno il 75% dei crediti di quella categoria. Occorre inoltre che il trattamento assicurato ai non aderenti sia almeno pari a quanto essi riceverebbero ove l’impresa fosse posta in liquidazione giudiziale, il nuovo do ovvero una dilazione dei tempi di pagamento. Le condizioni raggiunte con i creditori che   nome assunto dal fallimento dopo la riforma. La ragione di questa effi cacia estesa è evidente: i creditori dissenzienti non vengono pregiudicati perché non ricevono di meno di quanto potrebbero ottenere in caso di liquidazione.

Prosecuzione dell’impresa in via diretta o indiretta

La loro resistenza si spiega pertanto soltanto con il desiderio di ottenere condizioni migliori tenendo sotto pressione il debitore. La legge non lo consente. Occorre però che l’accordo preveda la prosecuzione dell’impresa in via diretta o indiretta, tramite cessione o affi tto dell’azienda a terzi. Il legislatore cerca di favorire il mantenimento dell’attività produttiva. Nel caso in cui i creditori siano banche o intermediari fi nanziari ed il debito verso questi soggetti sia pari almeno alla metà dell’indebitamento complessivo, l’accordo ad effi cacia estesa può essere stipulato anche se non prevede la prosecuzione dell’attività. Si cerca in questo modo di favorire la composizione dei debiti con le banche, riducendo la percentuale di NPL, i c. d. non performing loans, che compongono il portafoglio bancario. Va sottolineato che la bozza di decreto correttivo elimina un ulteriore requisito originariamente previsto dal codice della crisi e cioè che i creditori fossero soddisfatti in misura prevalente dal ricavato della continuità aziendale. Tale requisito, che permane per il concordato preventivo, non è invece più richiesto per gli accordi.

PER IL PAGAMENTO DEI CREDITORI ESTRANEI ALL’ACCORDO È AMMESSA UNA DILAZIONE DI 120 GIORNI DALLA SCADENZA DEL CREDITO SE SUCCESSIVA ALL’OMOLOGAZIONE

Stop di dodici mesi delle azioni esecutive

E’ oggi disciplinata meglio che in passato. L’imprenditore può chiedere al tribunale, alla sezione specializzata delle imprese, misure protettive che consistono nella sospensione delle azioni esecutive per un periodo che, con le diverse proroghe non può superare i dodici mesi, tenuto conto di eventuali sospensioni già concesse pendente la procedura di composizione assistita che può essere instaurata davanti all’OCRI presso la camera di commercio. Ai sensi dell’art. 54, comma 3, del codice della crisi il tribunale fi ssa udienza nel corso della quale decide se concedere o meno la sospensione quando il debitore ne fa richiesta nel corso delle trattative per la stipulazione dell’accordo allegando l’attestazione del professionista indipendente che certifi ca che sulla proposta sono in corso trattative con creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti e che la proposta è idonea ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei. La richiesta può essere presentata anche nel caso degli accordi ad effi cacia estesa. La bozza del decreto correttivo precisa che la sospensione non può superare i quattro mesi, come previsto dalla Direttiva UE 20 giugno 2019, ma non chiarisce in che modo l’imprenditore può chiedere la proroga sino a dodici mesi, come previsto dall’art. 8 del codice della crisi.

Sospensione dei requisiti minimi di capitale

Va aggiunto che dalla data di presentazione della domanda di omologazione degli accordi ovvero dalla richiesta delle misure protettive sono sospesi gli obblighi relativi al rispetto dei requisiti minimi di capitale per le società per azioni e per le altre società di capitali. L’attività può pertanto proseguire senza che gli amministratori incorrano in responsabilità per aver agito nonostante il verifi carsi di una causa di scioglimento della società. Anche questa è una notevole agevolazione che incentiva il ricorso agli accordi di ristrutturazione. La stessa agevolazione assiste le misure protettive in pendenza della procedura di composizione assistita della crisi e in caso di presentazione della domanda di concordato preventivo.

Gli accordi sono una procedura concorsuale

Sono dunque evidenti le ragioni che già oggi, ancora nel vigore della vecchia legge fallimentare, hanno spinto la Cassazione a riconoscere il carattere di procedura concorsuale degli accordi. Essi infatti alterano il regime ordinario dei rapporti tra debitore e creditori, obbligando anche quelli non aderenti all’accordo per quanto concerne i vincoli alle azioni esecutive, i tempi di pagamento che come si è visto sono leggermente dilazionati e il venir meno della garanzia rappresentata dall’integrità del capitale sociale. Ovviamente non si tratta di procedura concorsuale nel senso che debba essere rispettato l’obbligo della par condicio nel trattamento dei creditori. La par condicio che in passato è stata un vincolo particolarmente incisivo che doveva comunque essere rispettato in caso di procedura collettiva, aperta nell’interesse dei creditori, ha perso una parte del suo carattere vincolante perché nella sua rigidità rappresenta talvolta più un vincolo che una garanzia per i creditori.

Moratoria per almeno il 75% dei crediti

Simile agli accordi ad effi cacia estesa è la convenzione di moratoria. Con essa l’imprenditore raggiunge un accordo con una parte dei suoi creditori che rappresentino almeno il 75% dei crediti appartenenti ad una data categoria, individuata anche in questo caso con riferimento alla natura giuridica ed all’omogeneità dei crediti, per una dilazione del pagamento, la rinuncia o la sospensione delle azioni esecutive. L’accordo riguarda soltanto le azioni esecutive ed i tempi del pagamento, non il credito in quanto tale. In questo caso la convenzione è vincolante per tutti i creditori non aderenti appartenenti alla medesima categoria a condizione che un professionista indipendente abbia attestato la veridicità dei dati aziendali, che vi sono concrete prospettive che i creditori non aderenti vengano soddisfatti in misura non inferiore ai possibili risultati della liquidazione giudiziale e che la convenzione é idonea a disciplinare provvisoriamente gli effetti della crisi. Se il debitore rinuncia a chiedere le misure protettive e la convenzione di moratoria gli accordi possono essere stipulati anche quando la percentuale di creditori aderenti è inferiore al 60%, con il limite del 30% ( accordi di ristrutturazione agevolati).

Diminuite le differenze tra accordi e concordato

Con la riforma il legislatore ha ridotto le differenze tra gli accordi di ristrutturazione ed il concordato. Gli accordi sono sempre meno una procedura negoziale. Se l’accordo dei creditori rimane fondamentale, aumentano i poteri del tribunale. Addirittura se al momento della presentazione della domanda di omologa dell’accordo vi sono istanze di liquidazione giudiziale ( diremmo di fallimento con il linguaggio ante riforma) il tribunale deve nominare un commissario giudiziale. Secondo la bozza del correttivo se non vi sono istanze la nomina è facoltativa. A differenza di quanto previsto sino ad oggi il debitore si trova quindi soggetto al controllo penetrante di un professionista nominato dal tribunale. Va sottolineato che l’imprenditore può anche limitarsi a chiedere un termine al tribunale ai sensi dell’art. 40 del codice per presentare alla scadenza una domanda di concordato preventivo o di omologazione degli accordi. Anche in questo caso può essere chiesta la sospensione delle azioni esecutive.

Procedura di composizione davanti all’OCRI

E’ importante ricordare che gli accordi di ristrutturazione come del resto anche il concordato preventivo vanno visti, nella nuova disciplina, in rapporto alla possibilità di aprire la procedura di composizione della crisi davanti all’OCRI. L’OCRI può infatti concedere all’imprenditore un termine per domandare al tribunale l’apertura di una procedura di composizione della crisi e dell’insolvenza, tra cui anche gli accordi. Questa procedura potrà pertanto aprirsi dopo che già vi è stata una negoziazione con i creditori, facendo tesoro di questo tentativo di conciliazione o comunque utilizzando l’attività istruttoria già compiuta dagli esperti che compongono il collegio dell’OCRI. Va ricordato che la composizione assistita può essere chiesta dall’imprenditore anche quando non sia stata fatta nessuna segnalazione d’allerta (allerta interna da parte dell’organo di controllo delle spa ed srl, allerta esterna da parte di agenzia delle entrate, INPS e concessionario della riscossione). E’ prevedibile che in un primo momento vi saranno più casi che nascono dalle segnalazioni, ma se l’OCRI si mostrerà affi dabile vi saranno imprenditori che lo adiranno direttamente per la composizione assistita. In ogni caso il quadro che si delinea sarà molto diverso da quello cui siamo abituati oggi quando l’imprenditore in crisi si mette in moto con maggiore ritardo e quando ormai le soluzioni di composizione della crisi d’impresa sono più ridotte> > .

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